lunedì 2 giugno 2008

NGEEEEH! NGEEEEH!

Autore: Yupa
Fonte: Mag Mell

Facciamo un po’ di moralismo, va’!
La premessa. Chi scrive mal sopporta i neonati: li ho sempre trovati inutili e stupidi. E pure esteticamente sgradevoli. Affermazioni, queste, che valgono le occhiatacce della gente normale, tra l’altro.
Peggio dei neonati, però, ci sono gli adulti che stupidamente coi neonati interagiscono.
Ma a parte questo...
Qualche giorno fa sul sito del Corriere della Sera compare una notizia dal seguente titolo...



Non mi interessa il contenuto del pezzo, la sua eventuale “verità scientifica”. Magari è tutta una frottola. E anche fosse tutto (o quasi) vero, la notizia sarà stata riportata in modo variamente errato e/o impreciso, com’è prassi comune nel giornalismo generalista.
Quello che importa è l’idea di fondo, che il titolo e il sommario neanche tanto nascondo: il motivo per cui la notizia è riportata. E il modo.
Il pupo piange. Piange troppo. E la cosa è un problema. E perché è un problema? Forse perché sta male? Perché soffre? Perché prova del disagio? Perché è tormentato? No! È un problema perché rischia il suo futuro. Il presente non conta. Rischia di diventare fuori norma. E in cosa può diventare fuori norma? Nell’intelligenza? Sì, ma non è ancora questo, il punto! Rischia di non avere l’intelligenza da applicare a quell’unica cosa che, a quanto pare, può avere importanza per il futuro del bebè: l’apprendimento standard, lo studio, la scuola. La produzione di voti, l’espletamento del dovere curriculare, il raggiungimento dei traguardi minimi di immagazzinamento di sapere (sapere spesso di dubbia utilità, o quantomeno interesse per il singolo).
Quasi a suggerire che.
Che, ad esempio, se il pianto o, meglio, la sofferenza prolungata non producesse questi effetti nefasti, allora ce ne potremmo tranquillamente fregare.
Ma si può andare anche un po’ piú in là. E se, putacaso, scoprissimo un nesso contrario, se scoprissimo che tormenti intensi e prolungati nel bambino giovano all’intelligenza o, meglio, all’apprendimento scolastico? A quel punto che si fa? Stabiliamo delle dosi pedagogiche standard di dolore da infliggere per il bene futuro dell’individuo? Ma dopotutto, dopotutto è quello che già si è fatto a lungo, nei decenni, dal secolare potere assoluto del pater familias sino alle punizioni corporali. Il motivo è proprio quello: “È per il tuo bene”. Ed ora scopriamo c’è chi dice che piangere troppo fa male. Ma non perché faccia soffrire. Fa male perché nuoce alla produttività futura. Ma è davvero questa la motivazione che serve per non fare soffrire un altro individuo?

Link: http://magmell.splinder.com/post/17240757/Ngeeeeh%21+Ngeeeeh%21

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